Più
volte fui richiesto di esprimere verbalmente
o per iscritto alcuni pensieri attorno al così
detto Sistema Preventivo, che si suole usare
nelle nostre case. Per mancanza di tempo non
ho potuto finora appagare questo desiderio,
e presentemente volendo stampar il regolamento
che finora si è quasi sempre usato tradizionalmente,
credo opportuno darne qui un cenno che però
sarà come l’indice di un’operetta
che vo preparando, se Dio mi darà tanto
di vita da poterla terminare, e ciò unicamente
per giovare alla difficile arte della giovanile
educazione. Dirò adunque: in che cosa
consiste il Sistema Preventivo, e perché
debbasi preferire; sua pratica applicazione,
e suoi vantaggi.
1. In che cosa consiste il Sistema Preventivo
e perché debbasi preferire
Due sono i sistemi in ogni tempo usati nella
educazione della gioventù: Preventivo
e Repressivo. Il sistema Repressivo consiste
nel far conoscere la legge ai sudditi, poscia
sorvegliare per conoscerne i trasgressori ed
infliggere, ove sia d’uopo, il meritato
castigo. In questo sistema le parole e l’aspetto
del Superiore debbono sempre essere severe,
e piuttosto minaccevoli, ed egli stesso deve
evitare ogni familiarità coi dipendenti.

Il direttore per accrescere valore alla sua
autorità dovrà trovarsi di rado
tra i suoi soggetti e per lo più solo
quando si tratta di punire o di minacciare.
Questo sistema è facile, meno faticoso
e giova specialmente nella milizia e in generale
tra le persone adulte ed assennate che devono
da se stesse essere in grado di sapere e ricordare
ciò che è conforma alle leggi
e alle altre prescrizioni.
Diverso, e direi, opposto è il Sistema
Preventivo. Esso consiste nel far conoscere
le prescrizioni e i regolamenti di un Istituto
e poi sorvegliare in guisa, che gli allievi
abbiano sempre sopra di loro l’occhio
vigile del direttore o degli assistenti, che
come padri amorosi parlino, servano di guida
ad ogni evento, diano consigli ed
amorevolmente correggano, che è quanto
dire: mettere gli allievi nella impossibilità
di commettere mancanze.
Questo sistema si appoggia tutto sopra la ragione,
la religione, e sopra l’amorevolezza;
perciò esclude ogni castigo violento
e cerca di tener lontano gli stessi leggeri
castighi. Sembra che questo sia preferibile
per le seguenti ragioni:
1. L’allievo preventivamente avvisato
non resta avvilito per le mancanze commesse,
come avviene quando esse vengono deferite al
Superiore. Né mai si adira per la correzione
fatta o pel castigo minacciato oppure inflitto,
perché in esso vi è sempre un
avviso amichevole e preventivo che lo ragiona,
e per lo più riesce a guadagnare il cuore,
cosicché l’allievo conosce la necessità
del castigo e quasi lo desidera.
2. La ragione più essenziale è
la mobilità giovanile, che in un momento
dimentica le regole disciplinari, i castighi
che quelle minacciano. Perciò spesso
un fanciullo si rende colpevole e meritevole
di una pena, cui non ha badato, che niente affatto
ricordava nell’atto del fallo commesso
e che avrebbe per certo evitato se una voce
amica l’avesse ammonito.
3. Il Sistema Repressivo può impedire
un disordine, ma difficilmente farà migliori
i delinquenti; e si è osservato che i
giovanetti non dimenticano i castighi subiti,
e per lo più conservano amarezza con
desiderio di scuotere il giogo e anche di farne
vendetta. Sembra talora che non ci badino, ma
chi tiene dietro ai loro andamenti conosce che
sono terribili le reminiscenze della gioventù;
e che dimenticano facilmente le punizioni dei
genitori, ma assai difficilmente quelle degli
educatori. Vi sono fatti di alcuni che in vecchiaia
vendicarono brutalmente certi castighi toccati
giustamente in tempo di loro educazione. Al
contrario il Sistema Preventivo rende amico
l’allievo, che nell’assistente ravvisa
un benefattore che lo avvisa, vuol farlo buono,
liberarlo dai dispiaceri, dai castighi, dal
disonore.
4. Il Sistema Preventivo rende avvisato l’allievo
in modo che l’educatore potrà tuttora
parlare col linguaggio del cuore sia in tempo
della educazione, sia dopo di essa. L’educatore,
guadagnato il cuore del suo protetto, potrà
esercitare sopra di lui un grande impero, avvisarlo,
consigliarlo ed anche correggerlo allora eziandio
che si troverà negli impieghi, negli
uffici civili e nel commercio. Per queste e
molte altre ragioni, pare che il Sistema Preventivo
debba prevalere al Repressivo.
2. Applicazione del Sistema Preventivo
La pratica di questo sistema è tutta
appoggiata sopra le parole di san Paolo che
dice: "Charitas benigna est, patiens est;
omnia suffert, omnia sperat, omnia sustinet:
La carità è benigna e paziente;
soffre tutto, ma spera tutto e sostiene qualunque
disturbo". Perciò soltanto il cristiano
può con successo applicare il Sistema
Preventivo. Ragione e religione sono gli strumenti
di cui deve costantemente far uso l’educatore,
insegnarli, egli stesso praticarli se vuol essere
ubbidito ed ottenere il suo fine.
1. Il direttore pertanto deve essere tutto consacrato
a’ suoi educandi, né mai assumersi
impegni che lo allontanino dal suo ufficio,
anzi trovarsi sempre coi suoi allievi tutte
le volte che non sono obbligatamente legati
da qualche occupazione, eccetto che siano da
altri debitamente assistiti.
2. I maestri, i capi d’arte, gli assistenti
devono essere di moralità conosciuta.
Studino di evitare come la peste ogni sorta
di affezioni od amicizie particolari cogli allievi,
e si ricordino che il traviamento di un solo
può compromettere un istituto educativo.
Si faccia in modo che gli allievi non siano
mai soli. Per quanto è possibile gli
assistenti li precedano nel sito dove devonsi
raccogliere; si trattengano con loro fino a
che siano da altri assistiti; non li lascino
mai disoccupati.
3. Si dia ampia libertà di saltare, correre,
schiamazzare a piacimento. La ginnastica, la
musica, la declamazione, il teatrino, le passeggiate
sono mezzi efficacissimi per
ottenere la disciplina, giovare alla moralità
ed alla sanità. Si badi soltanto che
la materia del trattenimento, le persone che
intervengono, i discorsi che hanno luogo non
siano biasimevoli. "Fate tutto quello che
volete – diceva il grande amico della
gioventù san Filippo Neri, - a me basta
che non facciate peccati".
4. La frequente confessione, la frequente comunione,
la messa quotidiana sono le colonne che devono
reggere un edificio educativo, da cui si vuole
tenere lontana la minaccia e la sferza. Non
mai obbligare i giovanetti alla frequenza dei
santi Sacramenti, ma soltanto incoraggiarli
e porgere loro comodità di approfittarne.
Nei casi poi di
esercizi spirituali, tridui, novene, predicazioni,
catechismi si faccia rilevare la bellezza, la
grandezza, la santità di quella Religione
che propone dei mezzi così facili, così
utili alla civile società, alla tranquillità
del cuore, alla salvezza dell’anima, come
appunto sono i santi Sacramenti. In questa guisa
i fanciulli restano spontaneamente invogliati
a queste pratiche di pietà, vi si accosteranno
volentieri con piacere e con frutto.
5. Si usi la massima sorveglianza per impedire
che nell’Istituto siano introdotti compagni,
libri o persone che facciano cattivi discorsi.
La scelta d’un buon portinaio è
un tesoro per una casa di educazione.
6. Ogni sera dopo le ordinarie preghiere, e
prima che gli allievi vadano a riposo, il direttore,
o chi per esso, indirizzi alcune affettuose
parole in pubblico dando qualche avviso, o consiglio
intorno a cose da farsi o da evitarsi; e studi
di ricavare le massime da fatti avvenuti in
giornata nell’Istituto o fuori; ma il
suo sermone non oltrepassi mai i due o tre minuti.
Questa è la chiave della moralità,
del buon andamento e del buon successo dell’educazione.
7. Si tenga lontano come la peste l’opinione
di taluno che vorrebbe differire la prima comunione
ad un’età troppo inoltrata, quando
è per lo più il demonio ha preso
possesso del cuore di un giovanetto a danno
incalcolabile della sua innocenza. Secondo la
disciplina della Chiesa primitiva si solevano
dare ai bambini le ostie consacrate che sopravanzavano
nella comunione pasquale. Questo serve a farci
conoscere quanto la Chiesa ami che i fanciulli
siano ammessi per tempo alla santa comunione.
Quando un giovanetto sa distinguere tra pane
e pane, e palesa sufficiente istruzione, non
si badi più all’età e venga
il Sovrano Celeste a regnare in quell’anima
benedetta.
8. I catechismi raccomandano la frequente comunione,
san Filippo Neri la consigliava ogni otto giorni
ed anche più spesso. Il Concilio Tridentino
dice chiaro che desidera sommamente che ogni
fedele cristiano quando va ad ascoltare la santa
Messe faccia eziandio la comunione. Ma questa
comunione non sia solo spirituale, ma bensì
sacramentale, affinché si ricavi maggior
frutto da questo augusto e divino Sacrificio.
3. Utilità del Sistema Preventivo
Taluno dirà che questo sistema è
difficile in pratica. Osservo che da parte degli
allievi riesce assai più facile, più
soddisfacente, più vantaggioso. Da parte
poi degli educatori racchiude alcune difficoltà
che però restano diminuite, se l’educatore
si mette con zelo all’opera sua. L’educatore
è un individuo consacrato al bene dei
suoi allievi, perciò deve essere pronto
ad affrontare ogni disturbo, ogni fatica per
conseguire il suo fine, che è la civile,
morale, scientifica educazione dei suoi allievi.
Oltre ai vantaggi sopra esposti si aggiunge
ancora qui che:
1. L’allievo sarà sempre pieno
di rispetto verso l’educatore e ricorderà
ognor con piacere la direzione avuta, considerando
tuttora quali padri e fratelli i suoi maestri
e gli altri superiori. Dove vanno questi allievi
per lo più sono la consolazione della
famiglia, utili cittadini e buoni cristiani.
2. Qualunque sia il carattere, l’indole,
lo stato morale di un allievo all’epoca
della sua accettazione, i parenti possono vivere
sicuri che il loro figlio non potrà peggiorare,
e si piò dare per certo che si otterrà
sempre qualche miglioramento. Anzi certi fanciulli
che per molto tempo furono il flagello dei parenti
e perfino rifiutati dalle case correzionali,
coltivati secondo questi principi, cangiarono
indole, carattere, si diedero ad una vita costumata,
e presentemente occupano onorati uffici nella
società, divenuti così il sostegno
della famiglia e il decoro del paese in cui
dimorano.
3. Gli allievi che per avventura entrassero
in un Istituto con tristi abitudini non possono
danneggiare i loro compagni. Né i giovanetti
buoni potranno ricevere nocumento da costoro,
perché non vi sarebbe né tempo,
né luogo, né opportunità,
perché l’assistente che supponiamo
presente, vi porrebbe tosto rimedio.
Una parola sui castighi
Che regola tenere nell’infliggere castighi?
Dove è possibile, non si faccia mai uso
di castighi; dove la necessità chiede
la repressione, si ritenga quanto segue:
1. L’educatore tra gli allievi cerchi
di farsi amare, se vuole farsi temere. In questo
caso la sottrazione di benevolenza è
un castigo che eccita l’emulazione, dà
coraggio e non avvilisce mai.
2. Presso ai giovanetti è castigo quello
che si fa servire per castigo. Si è osservato
che uno sguardo non amorevole sopra taluni produce
maggior effetto che non farebbe uno schiaffo.
La lode quando una cosa è ben fatta,
il biasimo, quando vi è trascuratezza,
è già un premio o un castigo.
3. Eccettuati rarissimi casi, le correzioni,
i castighi non si diano mai in pubblico, ma
privatamente, lungi dai compagni, e si usi massima
prudenza e pazienza per fare che l’allievo
comprenda il suo torto con la ragione e con
la religione.
4. Il percuotere in qualunque modo, il mettere
in ginocchio con posizione dolorosa, il tirar
le orecchie ed altri castighi simili debbonsi
assolutamente evitare, perché sono proibiti
dalle leggi civili, irritano grandemente i giovani
ed avviliscono l’educatore.
5. Il direttore faccia ben conoscere le regole,
i premi e i castighi stabiliti dalle leggi di
disciplina, affinché l’allievo
non si possa scusare dicendo: Non sapevo che
ciò fosse condannato o proibito.
Se nelle nostre case si metterà in pratica
questo sistema, io credo che potremo
ottenere grandi vantaggi senza venire né
alla sferza, né ad altri violenti castighi.
Da circa quarant’anni tratto con la gioventù,
e non mi ricordo d’aver usato castighi
di sorta, e con l’aiuto di Dio ho sempre
ottenuto non solo quanto era di dovere, ma eziandio
quello che semplicemente desideravo, e ciò
da quegli stessi fanciulli, pei quali
sembrava perduta la speranza di buona riuscita.
PER VIVERE OGGI IL SISTEMA PREVENTIVO
Pensiamo alla famiglia in cui siamo inseriti,
alla scuola che frequentiamo, alla
parrocchia di cui facciamo parte … Come
vivere in questa realtà uno stile educativo
che abbia il Sistema Preventivo come punto di
riferimento?
Tentiamo di riscrivere nell’oggi quanto
un secolo fa don Bosco praticò e lasciò
come preziosa eredità alla Famiglia Salesiana
e alla Chiesa.
Parleremo di quattro dimensioni, quattro stili
di presenza sotto le immagini di casa, scuola,
parrocchia, cortile.
Ciascuna di queste dimensioni deve essere presente,
perché l’educazione risulti efficace
e armonica.
Vivere oggi lo stile educativo di don Bosco
significa far in modo che la nostra famiglia,
la nostra classe, il nostro gruppo ecclesiale,
il nostro Oratorio sia o diventi casa.
1. Casa di accoglienza
Cioè:
1. Luogo in cui ciascuno è considerato
come persona, come un valore. Questo atteggiamento
si fonda sulla convinzione (che viene dalla
fede) che in ogni giovane
Dio è presente, che la sua storia, il
suo vissuto è "terra di Dio".
Per accogliere occorre essere presenti, di una
presenza significativa ed educatrice, che crea
un "clima",
fatto di rispetto delle cose e delle persone,
di cordialità di rapporti, di progressivo
coinvolgimento. Se non c’è un ambiente
educativo, l’accoglienza è solo
a parole!
2. Luogo di amicizia e l’amicizia nasce
là dove c’è possibilità
di dialogare, di essere ascoltati e compresi.
"I giovani desiderano che gli educatori
stiano accanto a loro, accettandoli così
come sono e amandoli sul serio". Occorre
essere per i giovani: mano tesa, che con semplicità
sa andare incontro e farsi vicina a chi più
ne ha bisogno; e mano adulta, che sa intervenire
per indicare un cammino (guida), per incoraggiare
e, là dove occorra, per correggere.
3. Luogo dove si "cresce" perché
ci sono proposte: non c’è educazione
là dove mancano proposta di vario tipo
(teatro, musica, sport, catechesi, servizio,
volontariato …), che aiutino i giovani
a portare a maturazione le capacità che
si portano dentro. L’assenza di proposte
è la morte delle spirito di don Bosco.
Là dove non c’è vita, voglia
di fare, è perché non ci sono
uomini e donne propositivi.
4. Luogo di gioia: la gioia era per don Bosco
l’undicesimo comandamento. Una gioia che
nasce dal rapporto di fiducia e di collaborazione
tra i giovani e i loro educatori e si fonda
sulla presenza del Signore nella vita di tutti
i giorni e sulla materna assistenza di Maria.
Il "sapersi amati" porta alla "comunione
dei cuori".
2. Parrocchia che evangelizza
Cioè un ambiente:
a. che si qualifica per i valori cristiani che
vive (testimonianza) e che propone
(annuncio) a tutti i giovani, prima che per
le cose che fa;
b. che propone cammini di educazione e di catechesi
adeguati, ben differenziati,
con una certa continuità;
c. che aiuta i giovani a scoprire la propria
vocazione in una serena e sincera ricerca
del progetto di Dio, ricerca permeata di ascolto
della Parola di Dio e di preghiera;
d. che lavora per creare una vera Comunità,
riunita attorno all’unico Signore che
perdona (Riconciliazione), che si offre (Eucaristia),
che chiama al suo servizio e alla testimonianza
in tutti gli ambenti;
e. che con coraggio va in cerca dei lontani
e sa correre dei rischi e porre segni
eloquenti;
f. che presenta un "Dio simpatico",
vicino ad ogni persona, interessato alla vita
di ognuno, innamorato del vostro essere giovani;
il Dio della vita quotidiana da
scoprire nel fragore della vita di tutti i giorni,
tra le pieghe dei fatti che succedono.
3. Cortile dove vivere l’amicizia e l’allegria
a. Non si può pensare a don Bosco senza
abbinarlo all’immagine di un cortile,
dove i giovani hanno "ampia libertà
di saltare, correre, schiamazzare a piacimento".
Sport, musica, teatro "sono mezzi efficacissimi
per ottenere la disciplina, giovare alla moralità
e alla sanità". Il pericolo è
scindere queste realtà dal discorso educativo
e formativo.
b. Nel cortile si vive lo "spirito di famiglia"
distintivo dello spirito di don Bosco. "La
familiarità porta affetto e l’affetto
porta confidenza". "Il maestro visto
solo in cattedra è maestro e non più,
ma se va in ricreazione con i giovani, diventa
come fratello … I cuori si aprono e fanno
conoscere il loro bisogno e palesano i loro
difetti".
c. Il cortile è il luogo primario di
educazione: si conoscono i ragazzi, si stringono
nuove amicizie …
d. Il cortile è aperto al territorio
in cui si trova, proprio perché è
punto di incontro
di tanti giovani, è attento ai loro problemi
(lavoro, studio, divertimento, devianza …).
E’ un modo di vivere la missionarietà.
4. Scuola che avvia alla vita
Anzitutto scuola, cioè ambiente in cui:
- circolano valori condivisi e rispettati;
- c’è uno sforzo pedagogico per
far interiorizzare questi valori;
- si crede al dialogo, al confronto, al maturare
progressivo del senso critico dentro la cultura
di oggi;
- non si ha paura di richiesta di maggior partecipazione
nella corresponsabilità.
Che avvia alla vita, una scuola cioè
che:
- aiuta il giovane a trovare una strutturazione
armonica della sua personalità,
rendendolo cosciente delle sue capacità;
- offre la possibilità di elaborare un
progetto personale nel quale prendono forma
i valori acquisiti e in base ai quali si sanno
fare scelte di vita;
- è attenta al mondo del lavoro e, sull’esempio
di don Bosco, sa coraggiosamente affrontare
i problemi che in esso vi scorge;
- punta alla formazione globale della persona
(buoni cristiani e onesti cittadini).
Tutto questo nella consapevolezza che non c’è
scuola senza maestri, cioè non c’è
servizio educativo senza testimonianza e presenza
di modelli.
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